Articoli taggati :

arte

ARTE, SCRITTURA, TEATRO COME CURA DI SE’ E DELLA COMUNITA’. 960 634 Pane e Rose - cooperativa sociale

ARTE, SCRITTURA, TEATRO COME CURA DI SE’ E DELLA COMUNITA’.

Marcello: “Non ho mai fatto un’intervista in vita mia.”

Alice Lou.: “Mai? E’ la prima volta?”

Marcello: “Sì. E’ la prima volta.”

Inizia così l’incontro con Marcello Mecco, uno degli attori del lavoro che sto per raccontarvi, un dialogo libero con pensieri e parole senza controllo. Sono circa le 16:14 di un pomeriggio afoso e soleggiato, in pieno agosto. Ci troviamo in un giardino coperto da un tappeto di finta erba che è lo spazio esterno di una struttura ribattezzata Centro Servizi | Hub Sociale, progetto nato dalla collaborazione fra le cooperative Pane e Rose e Il Girasole. Questo luogo ospitava un asilo nido che, una volta chiuso, nel tempo, aveva lasciato spazio a un “non luogo”, uno spazio fisico e simbolico, per persone che cercavano riparo dalla cosiddetta “strada”. Il 20 settembre scorso, in questo spazio, è stata fatta la presentazione della seconda uscita de “La Strada”, un giornale a cui teniamo molto, ed è stata anche l’occasione per aprire le porte per la prima volta al quartiere. La prossima volta sarà il 28 settembre alle ore 21:00 per lo spettacolo teatrale a cui siete tutti e tutte calorosamente invitat*.

IL NOSTRO GIORNALE, UN ESPERIMENTO EDITORIALE DI LIBERTA’.

La Strada è un progetto editoriale coraggioso, nato nella sede precedente, la cosiddetta Casa Renato Ciabatti sita in Viale Borgo Valsugana. Il giornale raccoglie testimonianze artistiche e poetiche, pensieri, parole, canzoni, immagini, discorsi, tanti discorsi … di persone che hanno “attraversato” quello spazio, un “anda e rivieni” di volti, sguardi, bisogni, richieste di aiuto, frustrazioni e sofferenze, ma anche tanta bellezza.

L’operatrice Chiara Gori, artista artigiana, mastra cartaia, socia e storica lavoratrice della Cooperativa Pane e Rose, ha raccolto le testimonianze artistiche di tante persone. Mi ricordo bene quando è arrivata da me con la sua chiavetta USB ricca di materiale umano prezioso. Da quel giorno abbiamo costruito un vero e proprio giornale, cercando di non alterare i contenuti degli autori, perchè per noi aveva senso che riflettessero luci e ombre, con cui possiamo provare a fare lo sforzo di empatizzare e entrare in relazione, senza portare la narrazione in luoghi di convenienza o di parzialità. Ci siamo dette più volte, durante il lavoro di impaginazione e di cura dei contenuti, che questo giornale aveva senso come uno spazio “vero” di libertà, valore che tante persone che frequentavano la struttura residenziale non possono e non potevano avere. Libertà di dire, con errori, crepe, dubbi. Libertà di Fare e Essere. Ci siamo dette tante volte che le persone sono contraddizioni, domande, soggetti in movimento, performance aperte…non sono oggetti, numeri, categorie, verità assolute, come spesso i discorsi fanno intendere. In una vita da “nomadi urbani”, senza casa, senza stabilità, e costellata da precarietà di risorse e affetti, non ci sono certezze, nè libertà, nè possibilità di scelta. C’è la sopravvivenza con le sue tante traiettorie…vissute, agite e subite da chi si trova “fuori” dal sistema dominante e dal gruppo umano di chi riesce a farcela. Ma, nulla è perduto! Cerchiamo di trasmettere questo messaggio nelle nostre progettualità e, in particolare, le arti pensiamo siano il canale migliore in cui possiamo agire trasformazioni e cambiamenti interiori, nostre e di chi abbiamo intorno, anche inaspettate e apparentemente impossibili.

IL TEATRO IMPOSSIBILE CHE DIVENTA POSSIBILE.

Mi erano giunte voci di un coordinatore che stava tentando di sperimentare il teatro negli spazi del centro residenziale, che gioia saperlo!

Stefano Luci è regista e coordinatore dell’equipe, nonchè referente, formatore e conduttore nell’esperienza di teatro, messo in piedi con un gruppo di uomini che frequentano e abitano adesso nella struttura, con la collaborazione di un gruppo di studenti e studentesse del laboratorio teatrale del Liceo Coperanico. Questo percorso sta facendo prendere forma a uno degli obiettivi più ambiti e difficili per chi non è attore professionista: fare uno spettacolo di teatro per un pubblico.

Stefano voleva che documentassi questo esperimento, possiamo dire “magico”, che ha un grande bisogno di “essere visto” non solo da noi operatori e operatrici addett3 ai lavori, lavoratori e lavoratrici, ma da tutti e tutte, soprattutto dalla cittadinanza che non ha apparenti motivi di “attraversare” i nostri spazi.

Ci accomodiamo su sedie di plastica e sedute improvvisate intorno a un tavolino.

Metto il telefono in mezzo al tavolo e premo il PLAY.

MARCELLO MECCO | “Siamo una banda di sgangherati che farà uscire qualcosa di bello, di molto bello”

Alice Lou: “Come stai?”

Marcello: “Bene”

Alice Lou: “Ci racconti dal tuo punto di vista il lavoro che state facendo?”

Marcello: “Secondo me è uno spettacolo teatrale molto carino, molto bello. Stiamo preparando le varie fasi e io, essendo tecnico del suono sto preparando anche la colonna sonora…che altro da dire?”

Alice Lou: “Sei un personaggio della scena?”

Marcello: “Sarei il protagonista”

Alice Lou: “Che protagonista è?”

Marcello: “Sono un signore che si sveglia da un sogno, ricorda in questo sogno un rigore, parliamo di calcio, che è stato il rigore più lungo del mondo. Quindi si mette a narrare questa avventura che porta al rigore”

Alice Lou: “Conoscevi questo testo?”

Marcello: “No, leggo tantissimo, ma non lo conoscevo”

Alice Lou: “Ci sono delle cose di questo testo che ti hanno colpito?”

Marcello: “In generale tutto il testo.”

Alice Lou: “Che messaggio porta? Se ti viene?”

[ride]

Marcello: “Che messaggio porta…non ubruacarsi troppo” [ridiamo tutti]

Alice Lou: “Mi hai detto che sei un tecnico del suono…per la colonna sonora ti sei ispirato a qualcosa?”

Marcello: “No, sto procedendo a scene. Sono stato dieci anni tecnico nel suono e ho lavorato anche con vari personaggi famosi […] Fin da piccolo ho sempre avuto la passione per l’audio, smontavo le casse. Quando ero ragazzo e andavo in discoteca ancora prima di andare a salutare i miei amici andavo a vedere che impianto ci fosse nel locale. Sono andato a studiare per tre anni Ingegneria Sonora e sono diventato fonico, ho fatto il fonico e poi mi sono specializzato in psicoacustica teatrale “

Alice Lou: “Era tanto che non usavi le tue competenze e che stai usando per questo lavoro?”

Marcello: “Erano tre anni che ero fuori da quel sistema […]”

Alice Lou: “Ho lavorato in luoghi difficili dove era stato portato il teatro. Ho visto che l’arte può aiutare a stare meglio. Tu hai un pensiero su questo?”

Marcello: “Guarda…siamo una banda di sgangherati che però sicuramente farà uscire qualcosa di bello, di molto bello!”

Alice Lou: “Imboccallupo e grazie”

Marcello: “Grazie a te”

La parola passa a un altro signore.

Chiedo se posso registrare e mi dice “Aivoglia!”.

SIMONE FABIANELLI | “Mi ha aiutato far teatro”

Il regista lo introduce.

S.Luci: “Marcello ha detto bene, è proprio una banda di sgangherati che ben rappresenta una squadra di questo paese sperduto della Patagonia, che è una banda di sgangherati che poi arriva a vincere il campionato di calcio. Stefano è un altro protagonista di questo bar di avventori dove si raccontano queste storie. E la sua storia è quella più emozionante di tutte perchè appunto riguarda il rigore più lungo del mondo. Stefano è anche l’autore della locandina.

[un disegno fatto a matita che rappresenta la squadra di calcio]

Simone: “Ce l’hai?”

Alice Lou: “Sì, me l’ha mandata il regista, mi ha colpito, è molto bella”

Simone: “Sai…io ho sempre saputo disegnare, però nell’invecchiare mi sta venendo anche meglio…”

Alice Lou: “Tu racconti una storia nella scena?”

Simone: “Sì, in pratica sono il suo compagno di bevute [indica Marcello…ridiamo], sono un avventore del bar”

Alice Lou: “Vuoi raccontare qualcosa di questa storia?”

Simone: “Sì. E’ un campionato sudamericano, nella valle del Rio Negro. C’è una squadra di calcio composta da un gruppo di sgangherati – l’Estrella Polar – che nel ’58, stranamente, inizia a vincere sempre 1 a 0, 1 a 0…e arriva al match con la squadra più potente, il Deportido Belgrano, che è una squadra…più aristocratica via. Sicchè si arriva al momento dell’ultimo scontro perchè erano sull’1 a 1, e a un certo punto l’Estrella Polar si porta in vantaggio sul 2 a 1, e succede dopo che siccome l’arbitro è diciamo…un corrotto via [risata] all’ultimo minuto decretò un calcio di rigore su un tuffo di un giocatore dove non c’era fallo. Successe una rissa, l’arbitro prese un pugno nel viso, e sospesero la partita e poi…”

Alice Lou: “Poi non spoileriamo…”

S. Luci: “Esatto! [sorridiamo] Si può dire questo…che la partita viene sospesa perchè gli ultimi non potevano vincere contro i primi, quindi sospendono la partita prima di questo calcio di rigore.

Possiamo dire che il personaggio interpretato da Stefano introduce una serie di personaggi del passato, perchè loro hanno vissuta la partita da quindicenni. In pratica si ritrovano a quaranta anni in questo bar a ricordare magicamente questa storia. C’è una commistione fra passato e presente con flashbeck, un racconto “a scatole cinesi”, una dimensione fra sogno e realtà. E non lo raccontiamo, ma vi dico che alla fine c’è un finale meraviglioso in cui si riuniscono queste dimensioni. E lui [si gira verso Simone] nel raccontare introduce vari personaggi della storia, fra cui l’allenatore.

Simone: “L’allenatore è un personaggio un po’ dispotico. Era un uomo sempre vestito di nero, con il sigaro in bocca, una cicatrice sulla fronte, e correva lungo la linea laterale con un frustino di vimini in mano [ride] incitando i giocatori a dare il massimo. Frustava, frustava…nelle gambe, diceva le peggio sconcezze ai giocatori, incitava così in questo modo e dava forza ai giocatori.”

Alice Lou: “Te avevi recitato prima?”

Simone: “No.”

Alice Lou: “Come è stato questo incontro con la recitazione?”

Simone [si gira e guarda il regista] : “Lui!”

Commento dicendo non è semplice recitare e mettersi in gioco.

Simone: “No…sai io ho una storia […] è ho preso una bella botta […] mi ha aiutato far teatro, a passare il tempo. Che poi se io mi distraggo non penso… perchè io non ho bisogno di medicine, tutto sta qua” [indica la testa]

Alice Lou: “Vuoi raccontare qualche altro personaggio di questa storia?”

Simone: “Sì. Il Gato Diaz, il portiere. Il leggendario Gato Diaz, un uomo un po’ strano, era il portiere dell’Estrella Polar. Lui aveva il compito di parare questo rigore a 20 secondi dalla fine che è stato decretato da Erminio Silva, l’arbitro corrotto dal Belgrano.”

Alice Lou: “Avevi letto questo testo prima?”

Simone: “No. Osvaldo Soriano è uno scrittore argentino. Sai, del calcio me ne intendo, anche se ora ci sto meno dietro…mi garba il calcio argentino. Io lo seguivo il calcio, son juventino, disgraziatamente gobbo.”

Alice Lou: “Te invece?” [guardo Marcello]

Simone: “Io tifo Roma.”

Alice Lou: “Stefano vuoi dire qualche altra cosa?”

Simone: “Sì, mi ha aiutato fare teatro”

Alice Lou: “Come ti senti nell’idea che dovrai recitare di fornte a un pubblico?”

Simone: “Non ho vergogna. Perchè prima…guarda un po’ che strano, quando ero bambino alle elementari poi alle medie, anche se sapevo le cose avevo l’ansia. Ora mi è andata via l’ansia! Forse sarà…che mi c’è vorsuto “la frustata” e poi anche a invecchiare…”

Alice Lou: “Grazie”

Simone: “Di niente”

Si avvicina un altro signore al nostro tavolo, mi rivolgo a lui.

ROY RAFANELLI | “Ha i tempi comici…sa fare le imitazioni!”

Alice Lou: “Tu reciti in questo spettacolo?”

Roy: “Sì”

Alice Lou: “Che personaggio fai?”

Roy: “Eh, il protagonista”

Roy: “Putroppo sì”

S.Luci specifica che questo protagonista è quello raccontato nel passato, quello della partita, il portiere.

Alice Lou: “Vuoi raccontare di questo protagonista?”

Roy: “No.”

Alice Lou: “Ti ha aiutato fare teatro?”

Roy: “Un pochino.”

Alice Lou: “In cosa?

Roy: “Un po’ nell’insicurezza.”

Alice Lou: “Segui il calcio?”

Roy: “No.”

Alice Lou: “Quindi ti sei avvicinato a questo tema con questo lavoro…”

Roy: “No non mi ci sono avvicinato, mi ha fatto avvicinare lui [guarda il regista] con la forza” [ridiamo]

Alice Lou: “Il ruolo del protagonista è al centro dell’attenzione…come mai questa scelta?”

Roy: “Eh appunto. Non è facile. Non l’ho scelto io, l’hanno scelto loro” [guarda il gruppo]

Alice Lou: “Ti hanno ti hanno scelto loro perchè?”

Roy: “Lo dovresti chiedere a S. Luci.”

Mi giro verso il gruppo e chiedo perchè lo hanno scelto.

Roy: “No, chiedilo a Stefano Luci!”

S.Luci: “L’ho scelto perchè gli fa tanto bene e perchè c’ha una bella personalità per fare quel ruolo teatrale lì, va solo un po’ spronato, però poi si diverte e anzi, quando carbura, devo dire che è proprio un mattatore, è molto istrionico.”

Leggo in questi commenti il legame che si è creato. Permettersi di delegare il proprio racconto, fidarsi delle parole dell’Altr3. Affidarsi nel “gioco teatrle” dove lì, quello che si mette in gioco sono le resistenze, le emozioni, i tratti della personalità. E’ un lavoro profondo quello che si scopre recitando, una ricerca continua e piena di Sensi e di Senso.

Continuo le domande che si improvvisano sul filo libero del discorso.

Alice Lou: “Ti piace il comico?”

Roy: “Sì”

[accennano una battuta … una voce che imita un passaggio del testo, buffa, ridiamo]

S.Luci: “Ha i tempi comici! E sa fare le imitazioni…”

Alice Lou: “Ah, tipo?”

Roy: “No, dai. Ora mi vergogno così.”

Alice Lou: “Tranquillo, piano piano ci si conosce, lo sento che c’è vergogna.”

Roy: “Sì, è così. Poi piano piano ti piglio pe’ i culo!Non ti preoccupare.”

Si commenta un altro aspetto molto interessante del racconto, il ruolo del Paese e della Comunità. Il parallelismo con la vita quotidiana che vivono attori, operatori e operatrici è importante e evidente. I confini fra racconto della scena teatrale e racconto della vita di tutti i giorni, sfumano.

Alice Lou: “Ascoltandovi mi viene in mente quando il Napoli vinse il campionato e in generale quelle storie di chi si riscatta venendo dal basso…”

S.Luci: “Sì, assolutamnte. E anchei Il ruolo del paese è chiave. All’inizio i concittadini dei giocatori di calcio andavano a vedere le partite per insultarlie prenderli in giro, perchè erano ritenuti disgraziati, imbranati e ubriaconi. Quell’anno – nel ’58 – non vanno più allo stadio per insultarli, piano piano diventano i beniamini, poi iniziano a fargli i regali e a dare ai giocatori i doni perchè diventano delle leggende, e addirittura tutto il paese si muove per andarli a vedere, e questa forza spinge la squadra fino alla fine, soprattutto lui [si rivolge a Roy]che parerà il rigore.

Dentro questa storia c’è un’altra storia molto umana: il presidente dell’Estrella Polar per fargli parare il rigore, questo “patron”, corromperà la più bella del paese di cui lui era innamorato dicendole che si doveva fidanzare con il portiere per una settimana e uscirci insieme fino a domenica con la promessa che lui parerà il rigore. Per riprendere il filo della storia…quando interrompono la partita la sospendono per una settimana, e la inizieranno solo per venti secondi per quel rigore lì. In quella settimana succede che tutto il paese tira i rigori a lui, in tutti i modi, e con tutti gli oggetti…tipo anche con le ciabatte! A un certo punto lui non ha più voglia, sembra distratto, allora il presidente – interpretato da me – gli fa: “Gato, ma lo pari questo rigore?”, e lì capisce che lui è innamorato di questa donna che si chiama Morena.

Alice Lou: “Quindi la forza della comunità…ma anche la forza dell’amore…”

S.Luci: “Sì, è così. Quindi il presidente va da questa Morena, interpretata da un’attrice studentessa del Liceo Copernico. Insomma le porta delle rose e le fa intendere che gli deve questo favore fingendo di amare il portiere. E dopo c’è questa famosa frase:

[la voce rotta e piena di emozione di Roy finisce la frase iniziata dal regista]

Roy: “Ricordati nella vita, non si sa mai chi inganna e chi è ingannato”

S.Luci:La Morena appena lui ha parato il rigore se ne va. E, nonostante tutto, lui rimane una leggenda.”

Entra un altro signore, che fino all’ora si stava adoperando nella sistemazione di alcune cose dello spazio esterno, ci osservava da lontano senza partecipare alla chiacchierata. Pensavo avesse un ruolo di manutentore di quel luogo. Capisco, quando arriva, che si tratta di un altro attore.

STEFANO BARNI | “Un attore è un attore. Noi, purtroppo, siamo un po’ più veri.”

Stefano Barni: “Ditemi, icchè vu volete..” [sorridiamo]

Alice Lou: “Si stava facendo una chiacchierata su questo lavoro”

Stefano Barni: “Intanto si vorrebbe ringraziare Stefano…cognome… scusate sono un po’ stanco, Luci ecco, per questa possibilità che ci è stata data […]”

Alice Lou: “Che personaggio fai?”

Stefano Barni: “Praticamente faccio il magazziniere del campo. Un personaggio che tartaglia, che rompe le scatole […] in quel famoso ’58 si è creato un periodo per cui questi giocatori sciagurati hanno creato una forza nel paese e una forza di gruppo. C’erano le squadre di livello, con i soldi, e quantomeno dei “signoroni” che stranamente non riuscivano a vincere contro i giocatori dell’Estrella Polar. E quest’ultimi un po’ per fortuna, un po’ per il caso, un po’ per qualche prodezza di qualche fuoriclasse un po’ più attempato…riuscivano a portare in fondo le partite a loro favore. Tutto questo ha creato un grande entusiasmo in tutto il paese […] battute, ridicolezze, sregolatezze, giochi di qualsiasi genere. La cosa ridicola era che praticamente che questi giocatori non avevano fermezza, giocavano con “pancioni”, non si lavavano, non si rasavano…scarpette rotte, usavano la solita maglietta sempre, sudati marci… era ridicolo che in questi stati riuscivano a portare “a casa” il risultato.”

Stefano Barni: “Questo ci ha fatto partecipi della nostra situazione…”

[esce dal racconto e parla della situazione fuori dalla fiction]

Stefano Barni: “Situazione non semplice, noi viviamo in una situazione particolare di Prato, si vive in una casa comune. Tanti ragazzi hanno voglia di lavorare, hanno voglia di fare, ma tante volte non siamo stimolati da niente. Più che invisibili siamo molto visibili, e questa visibilità che sembra invisibile ci rende… forse verso gli altri…ostili. Questo spettacolo e questo percorso ci ha dato la forza di reinventarSi attori di un teatro. Forse tanti di noi non hanno saputo recitare, ma hanno fatto sul serio, non è semplice. Anche scherzare non è semplice su certe cose, anche tante parole ci portano indietro su situazioni già passate…non è semplice, è una situazione di cui ci sarebbe bisogno di parlarne più con calma.

Alice Lou: “State portando un messaggio importante. Viviamo in un momento in cui ognuno pensa a sè stesso, le famiglie sono isolate, le persone sono in difficoltà, sono meno aiutate…”

Stefano Barni: “Noi vorremmo far sapere che siamo una forza non indifferente. Non vorremmo essere dimenticati […] abbiamo bisogno di sentirci utili. Per esempio c’è stato un alluvione, ci potevano chiedere di dare una mano. Poi noi siamo al limite, si vive di stenti, se ci avessero dato a fine serata o a fine settimana qualcosa, per comprarci le sigarette, fare una cena…”

Inizia e finisce con un dialogo libero, riflessivo, profondamente umano, di cui son grata.

Marcello: “Ognuno ha la sua storia, ognuno si porta dietro la sua croce…però il messaggio è che ci si può fare insomma, ce la possiamo fare”.

Alice Lou: “Sì, penso anche che siamo quello che siamo abituati a vivere, e mettersi in gioco in nuove situazioni e in nuove opportunità crea altre storie di noi…”

Stefano Barni: “Farci conoscere anche, perchè ad esempio nel mondo del lavoro siamo utili…saremmo anche pronti di fare qualcosa”.

Alice Lou: “L’arte è un modo per farsi conoscere ed è un canale di cura enorme”

Marcello: “E’ vero”

Stefano Barni: “E’ anche complicato e difficile per noi. Metterci la faccia davanti a un pubblico è un attimo andare in stallo!”.

S. Luci: “Noi ci crediamo tanto. Neanche con attori professionisti è possibile ricreare questa genuinità…”

Stefano Barni: “Un attore è un attore. Noi, purtroppo, siamo un po’ più veri.”

Marcello: “Io prima avevo difficoltà a esprimere le mie cose alle persone, e poi invece piano piano, grazie a questo percorso, sono riuscito a trovare un canale per potermi aprire […] essendo solo, non avendo nessuno, non ho nè padre nè madre, nè fratello, non ho nessuno, quindi per me era doppiamente difficile aprirmi, però ci sono riuscito”

Alice Lou: “Come avete lavorato per arrivare a mettervi in scena?”

S.Luci: “Io espongo la mia idea, il canovaccio, ma andiamo tanto di improvisazione. Ci sono tante associazioni con le vite reali. Quando le scene sono state capite, i personaggi sono stati abbozzati e costruiti…e soprattutto quando loro si divertono, si va a lavorare sui dettagli, soprattutto sui tempi della scena. Quando si capisce la storia e il messaggio che c’è dentro, in realtà la fatica è più tamponarli ora! [si sorride]. Però ecco, tanta tanta improvvisazione, li lascio liberi… e vado a condividere dove si può arrivare con la recitazione. Anche per i personaggio io ho dato a ciascuno un “ritrattino”, una bozza, uno schizzo e poi ognuno l’ha costruito… l’ha fatto crescere”

Marcello: “Sì, sono nati molto spontanei!”

S.Luci: “Ognuno ha creato il proprio personaggio come una sua creatura, partendo da quello schizzo”.

Stefano Barni: “Mi piacerebbe in futuro lavorare su dare ironia al comportamento di tutti, facendo un lavoro più sullo scherzo, secondo me sarebbe meglio”

Alice Lou: “Fare il comico dici?”

Stefano Barni: “Sì”

S.Luci: “Stiamo già facendo qualcosa che sembrava impossibile…”

Viene coinvolta anche una donna in questo scambio libero. Lei è Annika Saks, collabora con il gruppo, è videomaker e autrice del video promozionale. Racconta la sua esperienza e il suo sguardo sui lavori di Stefano Luci: si parla di quello che si crea con il teatro, nelle relazioni, gli scambi, e quella “magia” dove tanti livelli si trasformano.

Gli occhi diventano lucidi, non solo i suoi.

Simone Barni: “Grazie per l’emozione.”

L’ARTE COME CANALE DI CURA.

Siamo sempre più convinti e convinte che la libertà di espressione e gli spazi per “dare voce” a chi non ne ha, costituiscano uno “spazio di cura” non solo per queste persone, ma per l’interna comunità. L’ Arte crea un terreno comune dove le storie personali trovano ascolto, riconoscimento, confronto e empatia, valore sociale e diventano politiche. L’ Arte può essere un ponte fra chi si ritrova ai margini di questa società e chi non sa cosa succede lì, ai margini. Un ponte prima di conoscenza, che aiuta la comprensione e ci fa connettere in livelli emozionali in cui tanti, se non tutti, possono imparare a Vedere e Sentire. L’Arte, il Teatro, la Scrittura e in generale tutto ciò che stimola il pensiero artistico e espressivo, produce non solo valore sociale collettivo e individuale inestimabile, ma possiamo anche dire che produce in maniera tangibile e concreta “benessere collettivo”, mentale ed emotivo. Stare in relazione con i propri canali espressivi, conoscerSi in quelli, accenderSi in una dimensione artistica con Altri e Altre, stare nelle dimensioni profonde delle emozioni, insieme, crea trasformazione profonda di Sè e delle realazioni con chi abbiamo intorno. Tutto questo diventa antidoto alla sofferenza prodotta da tutto quello che non trova spazio per fuoriuscire, dall’isolamento sociale, dalla discriminazione abitativa, sociale, razziale, socio-culturale, dalla violenza istituzionale e dalle ingiustizie. L’ Arte diventa un antidoto contro la sofferenza di chi non è riuscito a diventare una storia di successo sociale. Come in tutte le storie noi ci crediamo in intrecci da riscrivere e traiettorie da immaginare per finali creduti impossibili. Per questo investiamo in progettualità in cui le persone possono darsi risvolti narrativi nuovi, e possono costrursi Altre Possibilità di Essere, possono acquisire agli occhi degli Altri e delle Altre – il pubblico della vita quotidiana – immagini costruttive, percepite finalmente utili e positive per la collettività, tutta.

Interviste e testo a cura di Alice Lou Tanzarella

Privacy Preferences

When you visit our website, it may store information through your browser from specific services, usually in the form of cookies. Here you can change your Privacy preferences. It is worth noting that blocking some types of cookies may impact your experience on our website and the services we are able to offer.

Click to enable/disable Google Analytics tracking code.
Click to enable/disable Google Fonts.
Click to enable/disable Google Maps.
Click to enable/disable video embeds.
Our website uses cookies, mainly from 3rd party services. Define your Privacy Preferences and/or agree to our use of cookies.